I nostri maestri

1977, anno in cui il coro comincia a muovere i primi passi ed è proprio su questi primi passi che Felice Ceriani, allora presidente del Corpo Musicale S. Marco di Origgio, direttore del Coro Parrocchiale e Professore di musica delle Scuole Medie del paese, si mette a disposizione per improntare musicalmente la nuova formazione corale. A lui il grande merito di aver dato le basi e le prime conoscenze musicali agli allora inesperti appassionati di canto popolare e la capacità di aver creato il gruppo di Amici che presto, nel 1979 diventerà ufficialmente il Coro Amici della Montagna.  Per motivi di lavoro e di tempo, non ha mai diretto il coro dalla sua nascita ufficiale ma non possiamo dimenticare e ringraziare Felice per quello che ha saputo dare.

1979, dopo alcuni mesi l’inesperienza e le difficoltà nell’affrontare ogni piccolo ostacolo la fanno da padrona. Momenti difficili e di scoraggiamento tra i nostri neo coristi che spesso si chiedevano se era il caso di continuare, quando per conoscenze inaspettate arriva in sede un signore, alto, distinto, molto sicuro di se ma con il sorriso della tranquillità e dell’esperienza. Viene presentato al Coro prima delle prove. Tenente Colonnello degli Alpini Piero Andreose residente a Milano, grande invalido di guerra ed esperto Maestro di cori tra cui direttore di formazioni molto importanti (Stella Alpina di Treviso ecc…). Ci fa cantare un canto (per modo di dire!!!) e in quei pochissimi e cortissimi capelli appoggia disperato le mani e ferma l’esecuzione. Si intuisce subito dalle prime parole la tenacia, la sincerità e la fermezza di Piero. Prima strigliata ai coristi e prima mossa importante: “Io non Vi dirigerò mai, sarà uno di voi che lo farà!!!”. Così esclama con voce sicura e quasi intimidatoria. “Chi di voi conosce la musica?”. Ed ecco fare un piccolo passo in avanti Raffaele (o forse gli altri sono arretrati!!!), ex prima tromba della banda nonché conoscitore delle basi musicali. “Tu dirigerai il coro!!!” esclama Andreose “ed io ti farò da consulente!!!”. Da quella sera il Coro comincia la scalata più difficile e più impegnativa che un gruppo di Amici non si sarebbe mai immaginato di affrontare e nasce ufficialmente il “Coro Amici della Montagna”. Prove su prove con Piero che strigliava anche i muri, fortunatamente sorretti da colonne ben salde e forti. Da queste poche righe descrittive potete immaginare il ruolo fondamentale che Andreose ha rappresentato per il nostro Coro. Piero non è stato un consulente musicale qualsiasi, ma ha saputo dare fiducia all’ambiente, sfruttare il meglio delle capacità di ognuno di noi e da gran maestro quale era ci ha lasciato anche qualche armonizzazione che molti cori cantano. Tra tutti i canti “Ciant de Jegher” è il più amato e non solo dal coro, ma anche dal pubblico.

Canto in dialetto “ladino” della alta Val Badia, di anonimo, viene cantato in diverse armonizzazioni, tra cui appunto quella del Maestro Piero Andreose, risalente al 1948, poco prima che diventasse  il direttore, del coro Stella Alpina di Treviso.

La delicatezza e la semplicità di questo brano è rappresentata dallo svolgersi della vita notturna di un bosco in apparenza senza voce, ma in realtà ricco di suoni, sensazioni, situazioni, che lo rendono incantevole; ed alle cui magie anche il cacciatore uscito di casa all’ una di notte dopo il rintocco di un campanile, per uccidere la pace del bosco, assiste incredulo e meravigliato all’ espressività della natura.

Il canto del cucù, il pigolio degli uccellini nei nidi e il sottofondo del grillo si fanno poesia e affascinano chiunque ascolti queste melodie semplici, ma nello stesso tempo magiche che la natura malata e sofferente ci sa regalare senza nulla chiedere e pretendere all’ egoismo degli uomini.

Dalla scomparsa dell’ Amico Piero; “il poeta degli uccellini” come amava definirlo Bepi de Marzi, sono trascorsi molti anni e in questo lasso di tempo il coro ha deciso di cantare sempre ad ogni concerto questo suo canto, adottandolo come testamento spirituale, infatti dietro alla figura rude e severa di un “Tenente Colonnello” degli alpini, grande invalido di guerra, quale era Piero Andreose, si nascondeva un uomo buono e mite che con poco ha saputo dare tanto, soprattutto al nostro Coro. Grazie Piero.  

Maestro dal 1979 al 2020,

Come si possono spiegare 40 anni di direzione in poche righe? Raffaele Ceriani è stato uno dei fondatori del nostro Coro e lo ha diretto fin dalla nascita, grazie all’intuito dell’allora consulente musicale Piero Andreose che lo scelse per guidare la nuova formazione corale appena formatasi (Giugno 1979).

Raffaele, ex prima tromba della banda nonché conoscitore delle basi musicali, scala ben presto le tappe per diventare uno dei direttori più apprezzati di Cori di Ispirazione Popolare non solo nella nostra provincia, dove partecipa a numerosi corsi di direzione, ma anche fuori regione e all’estero per la sua spiccata volontà alla ricerca della precisione, delle dinamiche e dell’armonia musicale.

Come alcuni Maestri di altri cori, intraprende costantemente lo studio del repertorio di Bepi De Marzi, che spesso amava chiamarlo “Raffaele il mite!”, il quale lo annovera come suo “Allievo”, collaborando fattivamente alla crescita sia musicale sia personale.

Per il suo trascorso Alpino, nella Divisione Julia, dal 2008 viene chiamato a dirige il Coro A.N.A. della Sez. di Varese.

 

Scrive di lui Bepi De Marzi (20/10/2022)

 

Raffaele, per me, è stato sempre un Cuore di Brughiera, un Mistero delle Pianure che si allargano a Ponente di Milano, quella che si chiamava L’Insùbria.
Raffaele Ceriani, apparentemente duro e silenzioso, ma profumato di robinie lombarde, quei grappoli bianchi, oppure appena dorati, che dicono della
buona stagione. La robinia, si sa, è capace di solitudini, ma apparenti, perché intorno a sé dissemina germogli e organizza il suo Bosco Armonioso,
pur se difficile da percorrere nel buio della non conoscenza, della poca pazienza.
Raffaele che mi ha cantato subito, che si è addolcito alle mie storie, che le ha comunicate ai suoi cantori con l’autorità del sapiente che racconta la vita
cercando pensieri di poesia, ma non invadenti, non inutili, non sperduti dopo l'affettuosa confidenza.
Grazie, Raffaele, grazie per quanto hai donato a questi slarghi di pianura, alle montagne che si innalzano sopra i laghi e i fiumi, ai boschi di quella

che chiamano La Brughiera, ma che è come il tuo carattere forte e un poco misterioso. Ti abbraccio con affetto fraterno e immensa riconoscenza, Bepi De Marzi.